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Immobiliare: “emergenza” o ritorno alla normalità?

In un clima dove evidentemente non è l’ottimismo il “mood” più diffuso, molti giornali non si mettono in evidenza per equilibrio e sobrietà ma, soprattutto nei titoli, vanno a cercare frasi da  “schizofrenia emergenziale”. E’ il caso di tanti titoli in questi giorni riservati al mercato immobiliare dopo che sono stati pubblicati i dati del Notariato italiano circa il numero di compravendite effettuate in Italia nel primo semestre 2023; a dire il vero l’analisi dei Notai è stata più compassata ed obiettiva di quella giornalistica a conferma di un mercato ancora sano.

Il dato posto in evidenza è quello del numero delle transazioni passate (dato semestrale) da 303.375 a 277.052; verbi ed aggettivi dei titoli dei giornali sono stati poco fantasiosi: “crollo”, “frenata” e via dicendo, forse fermandosi al dato in sé senza collocarlo in quadro temporale più ampio.

Se è fuori dubbio che il calo c’è stato con un meno 11% sull’acquisto casa tra privati ed un più sonoro meno 34,2% di acquisti da impresa, bisogna tuttavia analizzare gli anni precedenti che sono stati anni eccezionali; tutti sanno infatti che dopo un 2019 di calo causa pandemia (557.000 transazioni) abbiamo avuto due anni di “boom” rispettivamente a 713.000 e 780.000 transazioni. Chiamiamolo “rimbalzo” o come volete ma non erano questi i numeri normali, quanto quelli pre-pandemia che si attestavano tra i 540 e 600.000.

Ora, se possiamo “proiettare” il dato semestrale sui 12 mesi ipotizzando un nr di transazioni annue nel 2023 di 550.000 ecco che semplicemente siamo ritornati ai valori del 2018 ma con un qualcosa in più; ottenere gli stessi numeri del 2018 ma con la “zavorra” dell’inflazione, degli alti tassi applicati ai mutui e la conseguente flessione degli stessi significa un mercato che è tornato a numeri “normali” ma in grado di “contenere” i danni di una macroeconomia non certo favorevole.

Poi, ci sono altri dati che sono interessanti da statistiche recentemente pubblicate; come ad esempio che l’età media degli acquirenti dopo anni di abbassamento si è alzata a 43,8, sia per la crescita della componente “investitori” negli acquirenti, sia probabilmente per la maggiore difficoltà dei giovani ad ottenere un mutuo.

Cresce infine la percentuale di residenti in grandi città che si sposta nell’hinterland per l’acquisto della abitazione principale, una tendenza sviluppatasi immediatamente dopo la pandemia, siamo passati dal 18 al 23%; trend che risulta molto più evidente a Milano che ha una quota del 30% di acquirenti che si decentrano, ma nel caso specifico c’è senz’altro una componente “prezzi” della città più costosa di Italia.

Insomma, ci sarebbero gli estremi per un invito, se non all’ottimismo, ad una maggiore sobrietà ed obbiettività nella analisi ed interpretazione dei dati che, in quanto tali, sono facilmente manipolabili a supporto di questa o quella tesi, ma sarebbe meglio venissero utilizzati anche per incoraggiare un mercato che ha sempre avuto solide fondamenta ed è trainante per larghi comparti e settori della nostra economia. Meglio non dimenticarlo.